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L’olio sta meglio in bottiglie scure o ambrate

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La shelf-life dell’olio dipende dalle modalità di confezionamento. Contenitori, tappi, tecnologie possono condizionare in modo determinante le caratteristiche organolettiche e sensoriali. Molto importante anche la temperatura di conservazione

Trasferire nell’olio integralmente e inalterate le componenti contenute nelle olive, e mantenerle tali durante lo stoccaggio prima del confezionamento, rappresenta uno dei punti critici della fase finale della filiera.

È opportuno, quindi, che la conservazione dell’olio avvenga in condizioni ambientali ottimali e che i contenitori, preferibilmente in acciaio inox, siano dotati di sistemi monitorati in grado di controllare e di regolare, mediante specifici dispositivi, eventuali processi di ossidazione o altre anomalie che si possono innescare al loro interno che potrebbero modificare le originarie caratteristiche chimiche, fisiche, organolettiche e sensoriali del prodotto.

Nell’ambito delle alterazioni che si possono verificare durante la conservazione, l’ossidazione degli acidi grassi rimane la più frequente ed è origine della formazione di perossidi. La decomposizione di questi composti genera sostanze volatili che modificano sostanzialmente le proprietà nutraceutiche dell’olio, provocando, inoltre, il difetto di rancido alla percezione sensoriale.

Particolare precauzione va riservata alla fase di fermentazione anaerobica di sostanze in sospensione nell’olio o depositate sul fondo dei contenitori di stoccaggio: fermentazione che attiva il degrado chimico-organolettico del prodotto, dando origine a difetti di morchia, putrido e fermentato dovuti a batteri lattici e al Clostridium.

Nonostante l’innovazione tecnologica adottata nell’impiantistica olearia, si può verificare che il separatore centrifugo non effettui una netta separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione, con il risultato di ottenere oli contenenti impurità naturali (frammenti di polpa, colloidi, acqua, ecc.), in sospensione o in microemulsioni nella massa oleosa, che ne alterano la serbevolezza e conferiscono al prodotto una trasparenza torbida o velata.

Quest’ultimo aspetto viene purtroppo ritenuto dai consumatori non informati una garanzia di “prodotto naturale” che mantiene integre tutte le proprietà nutraceutiche, ma in realtà provoca effetti irreversibili delle percezioni sensoriali.

La prima fase della conservazione, nota anche come condizionamento dell’olio, prevede due distinte operazioni: il travaso e la filtrazione.

Eliminare i fondami

Il travaso consente di eliminare i fondami che, come detto, sono acqua, sostanze proteiche e azotate che attivano reazioni enzimatiche e di fermentazione che trasmettono difetti organolettici (fermentato, morchia, putrido, avvinato-acetato). Non va dimenticato che il contatto dell’olio con la morchia può far aumentare l’acidità, pertanto è opportuno, prima di procedere allo stoccaggio definitivo, effettuare ripetuti travasi al fine di eliminare completamente le sostanze anomale.

I ripetuti travasi vanno comunque fatti ponendo la massima attenzione nell’evitare che la turbolenza provocata dalle pompe impiegate per la movimentazione del prodotto provochi la formazione di bolle d’aria nella massa oleosa. Per queste operazioni devono essere utilizzati contenitori con tubature che garantiscano il massimo livello igienico, onde evitare che eventuali residui di olio rimasti con i precedenti travasi possano innescare alterazioni destinate a compromettere le caratteristiche chimico-organolettiche del prodotto.

Un minor rischio si verifica quando l’eliminazione dei fondami avviene senza movimentazione della massa oleosa mediante contenitori alti e di ridotta superficie, con fondo conico, dotati di valvole inferiori che consentono l’eliminazione dei fondami stessi attraverso aperture collocate nella parte inferiore. La valutazione se procedere o meno al travaso dipende dal livello di torbidità e di umidità dell’olio, rilevabili con misurazioni strumentali.

La separazione dell’olio dalle impurità sedimentate nel fondo si svolge con una dinamica che si differenzia a seconda delle componenti contenute nella massa oleosa e dalle condizioni ambientali:

  • le impurità colloidali e l’acqua precipitano in misura più o meno veloce a seconda del metodo di estrazione, della viscosità (acidi grassi e trigliceridi) dell’olio, della varietà di olivo e dell’indice di maturazione delle olive;
  • le temperature di stoccaggio incidono sulla flocculazione sino ad arrivare alla cristallizzazione della massa oleosa se soggetta a basse temperature.

Un successivo innalzamento della temperatura provoca la graduale fusione dei trigliceridi della massa oleosa che si depositano sul fondo del contenitore come morchie avvolte dalla maglia cristallina che lentamente tende a sciogliersi. Se l’innalzamento della temperatura è repentino l’olio rimane torbido.

Altro fattore che condiziona la flocculazione è l’acidità libera:

  1. se è elevata, la flocculazione dei colloidi idrofili e più veloce;
  2. processo inverso quando i valori dell’acidità libera sono molto bassi, nel qual caso la massa oleosa rimane torbida più a lungo.

L’eliminazione dei sedimenti, praticata una o più volte con il travaso della massa oleosa in altri contenitori, spesso non garantisce la stabilizzazione del profilo organolettico dell’olio: condizione che può pregiudicare la qualità chimico-sensoriale del prodotto prima del confezionamento in bottiglie o in lattine compromettendone la serbevolezza nel tempo (shelf-life), soprattutto per le confezioni destinate alle grandi catene di commercializzazione.

Pertanto è indispensabile procedere a controlli preventivi prima di passare al confezionamento, specialmente quando si passa dallo stoccaggio effettuato con travasi della massa oleosa, in modo da verificare la presenza o meno di alterazioni chimico-fisiche e sensoriali (flavour) dell’olio.

Strumenti diversi

Come operazione alternativa o complementare al travaso, si ricorre sempre più frequentemente alla filtrazione che può essere praticata utilizzando diversi mezzi filtranti allo scopo di purificare ulteriormente la massa oleosa.

Infatti, nonostante i ripetuti travasi si può verificare che una parte dei fenoli rimanga nelle micro-micelle stabilizzate dalla serie di sostanze che si interfacciano a causa della loro struttura molecolare, con una parte polare e una poco polare (sciolta nella massa oleosa) che fanno respingere tra loro le micelle in avvicinamento e stabilizzare, in tal modo, la dispersione corrispondente. La filtrazione avviene secondo due principi fisici noti come filtrazione “di superficie” e filtrazione “di profondità”.

Nella prima, il mezzo filtrante è costituito da un setto poroso dove le particelle sospese nella massa oleosa vengono trattenute sulla superficie esterna del filtro. Nella seconda, il setto filtrante è costituito da materiale poroso strutturato in cunicoli nei quali l’olio passa e le particelle solide e colloidali vengono trattenute per assorbimento all’interno dello spessore del setto filtrante stesso.

Tenuto conto delle caratteristiche chimico-fisiche dell’olio, i filtri utilizzati agiscono adottando entrambi i principi (superficie e profondità); i sistemi più comunemente praticati si differenziano prevalentemente per il materiale del mezzo filtrante utilizzato.

Con il filtro barese o a cotone idrofilo, la filtrazione è lenta e discontinua e trattiene solo le macro molecole e le sospensioni grossolane, ponendo l’olio per un lungo tempo al contatto con l’aria. Con questo sistema, a differenza di altri più spinti, non si verificano sostanziali modificazioni del profilo organolettico e, in particolare, di quello fenolico.

Con il filtro a farine fossili (polveri siliciche) l’operazione consente di filtrare grandi volumi di olio ed è seguita da una filtrazione brillantante su filtri pressa a cartoni di piccolo spessore. Questo tipo di filtrazione può provocare un notevole assorbimento dei composti fenolici da parte della matrice silicica delle farine.

Con il filtro pressa a cartoni di cellulosa, la filtrazione si effettua in un’unica soluzione anche come filtro brillantante per gli oli filtrati su farine fossili. In funzione al tipo di olio e al suo grado di torbidità, si possono utilizzare cartoni composti da pura cellulosa o da miscele di cellulosa, farine di diatomee e altri coadiuvanti.

Il sacco filtrante

Altri sistemi di filtrazione che stanno trovando una graduale diffusione, consistono nell'utilizzo del sacco filtrante molto versatile per il suo funzionamento e per la manutenzione, e nell’impiego di gas immessi nell’olio. Quest’ultimo sistema consente di ottenere un elevato livello di limpidezza evitando anche l’impoverimento delle componenti di natura fenolica.

La prolungata esposizione dell’olio all’aria durante la filtrazione può provocare un aumento di perossidi e la parziale ossidazione dei componenti volatili e fenolici. Per limitare tali rischi sono stati adottati sistemi di filtrazione che limitano il contatto con l’aria mediante l’adozione di cartucce filtranti chiuse in cilindri di acciaio, oppure eseguendo l’operazione in atmosfera modificata (filtrazione sotto azoto) che, eliminando l’aria e l’ossigeno, consentono un’elevata capacità di serbevolezza già nella fase che precede il confezionamento.

Allegati

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Bottiglie scure o ambrateL’olio sta meglio in vetro - Ultima modifica: 2014-05-21T10:09:03+02:00 da Redazione Olivo e Olio
L’olio sta meglio in bottiglie scure o ambrate - Ultima modifica: 2014-05-21T10:09:03+02:00 da Redazione Olivo e Olio

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