Non si vive di solo olivo. E i vivaisti si adattano

La precarietà economica delle aziende costringe gli operatori ad ampliare l’attività verso altre specie vegetali. Ciò non compromette la collaborazione con gli istituti di ricerca per tutelare la biodiversità e costituire nuove varietà

I vivaismo olivicolo italiano sta affrontando da anni crisi divenute non più congiunturali, a fronte delle quali molti vivaisti hanno dovuto basare la propria produzione non più esclusivamente sull’olivo, ma anche su altre specie vegetali: riconversione che comporta una rimodulazione dell’organizzazione aziendale e commerciale e che va a influire negativamente sulla gestione economica dell’azienda stessa.

Tale diversificazione che aggrava ulteriormente i già elevati costi sostenuti dai vivaisti non solo per garantire materiale certificato sul piano fitosanitario e genetico, ma anche per rispondere alle richieste di mercato di una vasta gamma di cultivar che la miriade di Dop prevede nei disciplinari di produzione.

È una situazione che non si riscontra in altri areali del Mediterraneo (Spagna, Grecia) nei quali, oltre a una minore incidenza del costo della manodopera, la produzione vivaistica è limitata a poche cultivar che costituiscono il prevalente patrimonio genetico olivicolo del Paese: condizione che, a differenza della nostra organizzazione della produzione vivaistica, consente di ottimizzare i costi di gestione dell’azienda anche per quanto riguarda la selezione massale del materiale.

Servono più risorse

Questa precarietà del nostro vivaismo olivicolo non compromette, comunque, il rapporto di collaborazione con istituti di ricerca e con Università nel condurre piani di miglioramento genetico e di realizzazione di nuove varietà che rappresentano la base sperimentale per la successiva produzione di piante madri.

L’impegno a un elevato livello tecnologico dei nostri vivaisti ha contribuito, e contribuisce, a tutelare la biodiversità varietale quale elemento strategico per valorizzare e per diversificare la produzione oleicola italiana nella sua differente identità territoriale. Tale impegno deve però essere supportato da interventi finanziari pubblici da destinare alla ristrutturazione e all’innovazione tecnologica dell’attività vivaistica.

È necessario, pertanto, rivolgere una maggiore attenzione al settore del vivaismo olivicolo affinché questa attività e la ricerca ad essa correlata consolidino il loro rapporto di sinergia con l’obiettivo di continuare nell’opera di miglioramento genetico della nostra biodiversità varietale.

L’articolo completo è disponibile su richiesta alla redazione di Olivo e Olio

Non si vive di solo olivo. E i vivaisti si adattano - Ultima modifica: 2015-07-20T14:53:23+02:00 da Sandra Osti

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