Dove l’olivicoltura superintensiva affianca l’intensiva

olivicoltura intensiva superintensiva
Due modelli colturali non alternativi ma complementari. Un taglio netto ai costi di impianto e di gestione

«Con gli attuali costi di produzione, soprattutto di potatura e raccolta, non si può continuare a piantare olivi per raccoglierli con scuotitori, reti e decine di operai. L’olivicoltura intensiva ha fatto il suo tempo: mantenere gli impianti già esistenti e produttivi è accettabile, ma realizzarne altri è ormai impensabile. Progredire significa agire diversamente dal passato. Ecco perché noi, per fronteggiare le difficoltà di produzione e di mercato, abbiamo impiantato nuovi oliveti secondo criteri agronomici superintensivi, volti alla loro completa meccanizzazione».

Per l’azienda agricola Di Pietro di Andria, che comprende 284 ha a olivo, dei quali 250 coltivati in modo intensivo e 34 in modo superintensivo, la scelta dell’olivicoltura superintensiva, con 34 ha impiantati negli ultimi anni, non ha escluso la storica coltivazione intensiva aziendale.

Anzi, dichiara Alfonso Di Pietro, che ne è il titolare insieme con il padre Riccardo e il fratello Nicola, «le due olivicolture convivono proficuamente. I 250 ha di oliveto intensivo sono coltivati a olivi secolari di Coratina con sesto iniziale 12 x 12 m, che noi abbiamo diminuito a 6 x 6 m. I 34 ha a superintensivo sono così suddivisi: 1 ha impiantato nel 2003 dai precedenti proprietari, e poi da noi comprato, ad Arbequina, con sesto 4 x 1,5 m; il nostro primo impianto, 23 ha realizzati a settembre 2013 ad Arbequina con sesto 4 x 1,4 m; 6 ha a Frantoio, a ottobre 2014, con sesto 4 x 1,4 m; infine 4 ha di Arbosana, a luglio 2015, con sesto 4 x 1,2 m. E stiamo già pensando di ampliare ulteriormente la superficie destinata al superintensivo».

Per i Di Pietro la scelta del superintensivo è stata rapida e definitiva, «perché, se è vero che sarebbe un delitto buttare giù vecchi alberi di Coratina che ogni anno si caricano di olive, è altrettanto vero che non si possono buttare soldi in nuovi impianti intensivi. Quando ci siamo rivolti a vivaisti spagnoli per comprare le piantine autoradicate di olivo, avevamo le idee già chiare. I vivaisti credevano che volessimo realizzare un impianto prova di un ettaro, come fa in genere chi si avvicina al modello superintensivo, perciò si sono meravigliati davanti al nostro progetto di impiantare subito un oliveto di 23 ha! Per noi il superintensivo non è il ripiego di chi ha fallito con l’intensivo, ma una scelta che risponde alla volontà di rendere eccellenti i risultati già ottimi raggiunti con gli oliveti intensivi. Tanto è vero che non abbiamo mai avuto intenzione di abbattere gli olivi di Coratina allevati in maniera intensiva, ciascuno dei quali produce in media ogni anno 2 q di olive!».

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L’articolo completo è disponibile su richiesta presso la redazione di Terra e Vita

Dove l’olivicoltura superintensiva affianca l’intensiva - Ultima modifica: 2016-06-13T14:53:13+02:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

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