Con Carbon footprint la filiera è ecosotenibile

filiera olivicola ecosostenibile
Si controlla la CO2 emessa e rimossa durante la produzione. Così l’azienda Monini ha partecipato al programma del ministero per la valutazione dell’impronta ambientale. Il motto è: restituire alla terra quello che ha dato

La gestione dell’azienda oleicola Monini rappresenta un modello di innovazione tecnologica non solo per il controllo della qualità e della diversificazione organolettica e sensoriale della produzione di extravergine, ma anche per la tutela dell’ambiente.

Infatti, nell’azienda è stato realizzato un percorso ecosostenibile che consente di compensare le emissioni di gas serra mediante l’installazione di un impianto fotovoltaico, con l’acquisto di energia da fonti rinnovabili certificate e con l’utilizzo di packaging ecosostenibili in vetro riciclato.

Si tratta di interventi strutturali e funzionali volti a migliorare la sostenibilità ambientale delle diverse fasi della produzione che hanno consentito alla Monini, prima fra le grandi aziende in Italia, di ottenere la certificazione Environmental Product Declaration (Epd) per alcune linee di extravergini (Gran Fruttato, Classico, Delicato, Bios, Dop Umbria).

Un riconoscimento che va ad ampliare il numero delle certificazioni, nazionali e internazionali, già ottenute negli ultimi 25 anni che hanno attestato la sicurezza alimentare, la qualità degli extravergini prodotti e i sistemi di autocontrollo di processo delle diverse linee di lavorazione.

«La sensibilità e l’attenzione per la sostenibilità ambientale – fanno presente i fratelli Maria Flora e Zefferino Monini – fanno parte del nostro Dna che ci induce a restituire alla terra quello che la terra ci ha dato».

La partecipazione al programma nazionale per la valutazione dell’impronta ambientale promosso dal ministero dell’Ambiente, confermano l’impegno dell’azienda in considerazione anche degli indirizzi dell’Unione Europea.

Tema del progetto condotto dalla Monini è stato lo studio dei metodi per calcolare la Carbon footprint (Cfp) che rappresenta la somma delle emissioni e delle rimozioni di gas serra di un sistema prodotto, espressa in CO2, relativa all’estrazione delle materie prime, alla produzione, all’uso e al fine vita del prodotto stesso.

Il calcolo della Cfp si basa su uno studio di Life Cycle Assessment (Lca): un metodo standardizzato a livello internazionale, noto anche come “dalla culla alla tomba”, che rileva tutti i dati inerenti alle varie fasi del ciclo: coltivazione e raccolta, trasporto del frutto, estrazione dell’olio, filtrazione e confezionamento.

Nello studio della Monini sono state incluse le fasi di produzione degli imballaggi, di distribuzione del prodotto finito, del fine vita e dell’imballaggio.

Partners dello studio sono state due società: Ambiente Italia S.r.l., che si è occupata dell’analisi del ciclo di vita (Lca) e della stesura dell’external communication report (previsto dalla norma ISO/TS 14067 quale strumento di comunicazione per gli stakeholders) ed Ecoway, specializzata in tema di compensazioni di emissioni di gas serra.

Filiera Monini: i magnifici due

La rilevazione dei dati e l’analisi dei risultati ottenuti hanno riguardato l’intera filiera Monini di due dei suoi extravergine, il Bios e il Dop Umbria; facendo riferimento ai dati rilevati, l’azienda ha individuato alcuni punti della filiera che possono essere migliorati ai fini del Cfp: contenimento dei consumi energetici e dei prodotti chimici (questi ultimi solo per la Dop Umbria, essendo il Bios un extravergine biologico) per la fase di coltivazione degli olivi, l’utilizzo di imballaggi a bassa impronta di carbonio e il contenimento dei consumi elettrici per la fase di estrazione dell’olio al frantoio e per il confezionamento del prodotto.

Per quanto riguarda le emissioni di gas effetto serra ove non è stato possibile contenerle entro certi limiti, Monini ha deciso di neutralizzarle ricorrendo all’acquisto di crediti derivanti dal progetto China Anhui Guzhen Biomass, che prevede la realizzazione e l’installazione di un boiler da 130 t/h e di un generatore a turbine a vapore da 30 MW nella contea di Guzhen, nella Cina Orientale.

Questa struttura viene alimentata con gli scarti della lavorazione del riso, del mais e delle arachidi che, contrariamente a essere considerate rifiuti non utilizzabili, vengono destinati per la generazione di energia elettrica.

La produzione annuale di energia elettrica prevista è di 186,900 MWh e viene immessa nell’East China Power Grid.

I risultati emersi dallo studio sulla Cfp realizzato dall’azienda su Bios e Dop Umbria sono riportate nei grafici 1 e 2.

Bios

I principali contributi alla Cfp dell’extravergine Bios sono dovuti ai processi di coltivazione delle olive, di produzione dei materiali d’imballaggio e di distribuzione del prodotto finito. Queste fasi contribuiscono complessivamente a circa l’88% della Cfp; l’impatto della fase d’uso è risultato trascurabile.

Nello specifico, il contributo alla Cfp della fase di coltivazione delle olive è dovuto al consumo di gasolio per le differenti operazioni e al consumo di elettricità per l’irrigazione.

Quello della fase di produzione dei materiali d’imballaggio è dovuto soprattutto alla produzione della bottiglia di vetro. Il contributo alla Cfp della fase di distribuzione del prodotto finito, invece, è essenzialmente nel consumo di gasolio per il trasporto via camion.

Dop Umbria

I principali contributi alla Cfp dell’extravergine Dop Umbria sono dovuti ai processi di coltivazione delle olive e produzione dei materiali d’imballaggio. Queste fasi contribuiscono complessivamente a circa l’89% della Cfp; l’impatto della fase d’uso è risultato trascurabile.

Nello specifico, il contributo alla Cfp della fase di coltivazione delle olive è dovuto al consumo di gasolio per le differenti operazioni, alle emissioni in aria di ossido di dia zoto (N2O) e anidride carbonica rispettivamente a seguito della applicazione dei fertilizzanti azotati e di urea, e alla produzione dei fertilizzanti stessi.

Il contributo della fase di produzione dei materiali d’imballaggio è dovuto soprattutto alla produzione della bottiglia di vetro.

Con Carbon footprint la filiera è ecosotenibile - Ultima modifica: 2015-11-15T14:37:54+01:00 da Lucia Berti

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